27 Giu 2012

Le idee si pagano?

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Partiamo da un articolo di Guido Guerzoni sul Sole 24 Ore (ne è vietata la riproduzione e l’unica traccia che ne abbiamo ritrovato in rete è qui) nel quale viene analizzato il contesto del “mercato delle idee” in Italia e di come, nella maggior parte dei casi e diversamente da altri Paesi, la fase progettuale non venga pagata. L’analisi è ovviamente attenta e puntuale, ma noi vorremmo fare un passo avanti e chiederci: perché questo accade?

Alcuni dicono sia perché l’offerta ha percentuali doppie rispetto alla domanda, ma è spiegabile solo con la legge di mercato? Evidentemente no, perché chi il mercato lo conosce un minimo ci spiegherebbe che a quel punto la qualità farebbe la differenza. E allora perché ciò accade?

Per quella che è la nostra opinione, il problema non sta solo nel numero dei competitors ma, sovente, nella difficoltà da parte della committenza di riconoscere la dignità della professione del creativo. Troppo spesso, di fronte a una proposta (e di conseguenza ad un preventivo), l’impegno di chi si occupa di comunicazione viene svilito dai luoghi comuni legati al lavoro creativo e di intelletto: l’intangibilità immediata del prodotto/servizio, la difficoltà a percepire l’azione fisica che c’è dietro lo stesso, l’impossibilità di vedere la fatica e lo studio affrontanti durante il percorso che ha portato ai risultati che si garantiscono con quel preventivo.
Il passaggio successivo è quindi, quasi sempre, la richiesta di una serie di bozze o di un progetto che -se piacerà- verrà approvato e il cui prodotto poi verrà pagato.

Ora, il punto fondamentale è che per chi si occupa di comunicazione, la progettazione rappresenta il 90% del lavoro, se la proposta non passa, chi paga questo lavoro? La risposta potrebbe essere “Se il progetto non è gradito alla committenza è giusto che non venga pagato” ma, spesso si tratta di pure scelte di gusto, e non di incapacità.

Allora se il fattore dirimente sono le competenze, in che modo renderle note (e retribuirle) come si fa nella maggior parte degli altri paesi?

Torniamo allora alla vera discriminante della questione: formazione, qualità del lavoro e certificazione delle competenze, solo in questo modo il lavoro di intelletto può essere protetto e retribuito nella giusta maniera.

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